top of page
Immagine del redattoreNicola Guida

TU SEI QUELLO CHE MANGI, TU SEI QUELLO CHE FOTOGRAFI

Articolo scritto per la rivista STANZE, di cui trovate contatti e link vari QUI


“Il mio vero programma si riassume in una sola parola: vita. Voglio fotografare qualsiasi cosa che la vita stessa mi suggerisce”.


“La fotocamera deve essere utilizzata per la registrazione della vita, per ricercare la quintessenza del soggetto stesso, sia che si tratti di acciaio lucido che di carne palpitante”.





La fotografia venne considerata inferiore rispetto alla pittura fin dalla sua prima diffusione.

Come poteva uno strumento tecnico esprimere una sensazione artistica individuale?

“Voler fissare visioni fuggitive...confina con il sacrilegio”.

Questo diceva la chiesa di questa nuova arte, e poeti come Baudelaire si scagliavano contro i fotografi, considerati “tutti i pittori mancati, maldotati o troppo pigri per completare i loro studi…”.

Fino agli inizi del 900, la fotografia fu percepita ancora come ne più nè meno che una nuova classe di pittura, e i fotografi si sforzavano di creare in camera oscura effetti pittorici che nulla avevano a vedere con la naturalezza della fotografia come la intendiamo oggi.

E’ in questo scenario fatto di scarsa considerazione per la fotografia come forma d’arte, di macchine fotografiche ingombranti, pellicole costose che muove i suoi primi passi il fotografo di cui vi voglio parlare in questo primo appuntamento…Edward Weston comincia a lavorare presto, dopo aver ricevuto in regalo una Kodak bull's eye 2 per i suoi 16 anni, a vent’anni inizia a mantenersi con i ritratti porta a porta, che erano visti come un’interessante ed economica alternativa ai classici ritratti pittorici; fotografava bambini, bestie da fiera e funerali, 12 stampe, un dollaro.

Si rese conto però di non avere basi, e di necessitare una formazione specifica, che conseguì frequentando un corso all'Illinois college of photography.

In solo sei mesi.

Il corso di un anno.

Raggiunse la fama con l'effetto flou, i ritratti romantici, dalle tonalità evanescenti in tipico stile pittorialista che tanto andava di moda, ma si rese conto molto presto che la sua ambizione era un’altra, non inseguire gli stilemi romantici, ma cogliere l’essenza del soggetto, estraendolo quasi dallo sfondo che lo circonda.

La foto che ha segnato un punto di svolta nella visione artistica e nella carriera di Weston rappresenta delle ciminiere di una acciaieria.

Weston scrisse sui suoi diari, che iniziò a scrivere nell'autunno del 1922 durante un viaggio per visitare sua sorella Mary Seaman in Ohio, di come il paesaggio industriale di Armco lo impressionò e lo ispirò, in particolare il "grande impianto e le gigantesche ciminiere dell'American Rolling Mill Company".

Scattato cinque o sei fotografie, Weston andò a mostrarle al suo amico Alfred Stieglitz, che ne fu impressionato molto positivamente, percependo in esse tendenze moderniste. Queste fotografie sono state determinanti nell'evoluzione della fotografia di Weston dal suo recente lavoro pittorialista a quello che sarebbe un approccio più moderno a quest'arte, attraverso la fotografia diretta.

Weston fu anche influenzato dal suo incontro con l'architetto austriaco Rudolph Schindler e dalle letture di diverse riviste d'arte europee d'avanguardia.

La serie di fotografie che ha scattato in Armco sono state essenziali nel suo cambiamento di stile.

Come ha affermato: era "maturo per cambiare, stava cambiando, sì, cambiato".

Ed è l’interpretazione letterale delle ciminiere lo ha portato lungo la strada della "straight photography" che ha portato alle sue opere più famose in seguito.

“la fotocamera deve servire a ritrarre la vita” diceva “in qualunque modo si presenti” [...]

“magari solo un frammento, ma capace di indicare o simboleggiare i ritmi vitali”.

E “coloro che non provano nulla, che non si preoccupano a dovere del tempo di esposizione, rimandando a una successiva manipolazione il raggiungimento di un obiettivo non premeditato, sono destinati al fallimento.”

il realismo cui Weston aspira, di fatto, è la ricerca di una pura forma di espressione della contemporaneità che non abbia bisogno di etichette: “in quest’epoca in cui i valori cambiano continuamente, non è rilevante la questione se la fotografia è o non è un’arte [...] noi abbiamo bisogno della fotografia come un’espressione vitale della contemporaneità”.

Il mondo reale, se è già chiaro ai nostri occhi, non ha bisogno di artifici per essere riprodotto, sia esso il volto di un uomo o di una donna, il cuore di un carciofo o un peperone.

E’ nella nostra mente che essi diventano sculture dallo sguardo superbo, verdure che paiono eleganti, o svogliate.

il fotografo deve restituirli come sono e per ciò che in quel momento significano.

E dopo questa lunghissima introduzione, che mi è servita a raccontarvi il fotografo, siamo finalmente arrivati al soggetto del nostro racconto, perchè se noi siamo quello che mangiamo, Weston del suo soggetto diceva “mi dicono che sarei un cannibale, dato che mangio le mie modelle dopo averne fatto un capolavoro...ma mi piace l’idea che arricchiscano il mio sangue, oltre che la mia vista…”

E chi era la modella cui Weston nei suoi diari si riferiva?

Un semplicissimo peperone, probabilmente il peperone più famoso della storia della fotografia, famoso quasi quanto la banana di Wharol.

il Peperone n°30.

Avete mai pensato che un peperone potesse essere fotogenico?

Weston, per anni, alla ricerca del razionalismo più puro nella sua fotografia, ha sperimentato una varietà di immagini di conchiglie, verdure e frutta, e nel 1927 ha realizzato la sua prima fotografia di un peperone.

Non che sia piaciuta molto, quell’immagine, ma circa due anni dopo ha iniziato una nuova serie incentrata solo sui peperoni, collezionando ventisei negativi di peperoni presi durante il 1929, per lo più su fondali di tela.

Un anno dopo, durante un periodo di quattro giorni dal 2 al 6 agosto 1930, Weston scattò almeno altri trenta scatti di peperoni.

Provando con della mussola o del cartone bianco come sfondo, ma rimanendo totamente insoddisfatto dal risultato, il contrasto con lo sfondo era troppo netto, pei suoi gusti.

Mentre il peperone iniziava a mostrare i primi segni di muffa, e il pensiero di Weston era ormai di farne insalata, mentre andava in cucina trovò un grosso imbuto di latta e, appoggiandolo su un fianco, mise il peperone proprio all'interno della grande estremità aperta e si apprestò a scattare nuovamente.

L’insalata poteva aspettare.

La migliore fotografia di un peperone della storia, no.

Weston ha realizzato questa fotografia utilizzando la sua fotocamera Ansco 8×10 Commercial View con una lente Zeiss da 210mm, L'apertura minima dell’obiettivo era di f/36, e Weston lo modificò per portarlo a un’apertura di f/240, per ottenere la massima profondità di campo possibile, esponendo poi per 4-6 ore, e sfruttando la luce del sole che ha illuminato il peperone durante tutto l’arco della giornata.

Di questo scatto Weston scrisse:

“è un classico, e del tutto goloso, peperone - ma più che un peperone, è astratto, in quanto completamente estraneo al soggetto.

Non ha attributi psicologici, non vengono suscitate emozioni umane: questo nuovo peperone porta al di là del mondo che conosciamo nella mente cosciente.

Questa è la "presentazione significativa" che intendo dire, la presentazione attraverso il proprio sé intuitivo, il vedere "attraverso i propri occhi, non con loro".

E’ la rappresentazione perfetta di un soggetto, scevra da ogni significato, perfettamente aperta alla interpretazione di chi, l’immagine, la guarda, e vede se stesso.

Posizionando il peperone nell'apertura dell'imbuto, Weston è stato in grado di illuminarlo in modo da ritrarre il peperone in tre dimensioni, piuttosto che come un'immagine piatta. È questa luce che conferisce all'immagine gran parte della sua straordinaria qualità.

I contrasti quasi esagerati tra luce e scuro, concavo e convesso, astratto e tattile; le solide superfici cerate che induriscono la latta graffiata. Anche il punto marcio in basso a destra del dorso del peperone non toglie nulla all'intensità sensuale e sensuale, anzi, aumenta piuttosto la tensione tra il soggetto e la forma così come ideale e reale.

L’unica cosa che infastidì Weston, di chi guardava i suoi scatti di peperoni, erano quelli che li descrivevano in toni sessuali: “I peperoni, diffamati più di qualsiasi cosa io abbia fatto, in essi sono state trovate vulve, peni o combinazioni, rapporti sessuali, Madonna con bambino, lottatori, scultura moderna, intaglio africano, fino alla nausea, secondo lo stato d'animo del spettatore”

Weston si divertiva un sacco a valutare le persone in base alle loro reazioni di fronte a quello che secondo lui era la più pura rappresentazione di un ortaggio.

Sul retro di una stampa di uno dei suoi peperoni che diede a un amico, Weston scrisse "Vedila come vuoi, ma questo è solo un peperone, nient'altro ‒ per l'impuro tutte le cose sono impure".


1 visualizzazione0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page