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Immagine del redattoreNicola Guida

Da dove esce la fotografia?

Argomento spinoso come primo post, eh?

Non che voglia insegnare qualcosa a qualcuno...vorrei metter giù solo un pò di idee, per spiegare cosa, per me, è fotografare.

Un pò come quando a uno scrittore chiedono:"come fai a scrivere?", vorrei tentare di spiegare come nasce un mio scatto.


Partiamo dal presupposto che non considero fotografare il gesto di avvicinare la macchina fotografica o lo smartphone alla faccia e strizzare il pulsante di scatto fissando il soggetto su una pellicola o su qualche milionata di pixel da buttare in pasto alla rete.

Questo si potrebbe assumere a cucinarti i quattro salti in padella.

Non è fotografare.

E' scongelare qualcosa, in maniera totalmente sterile e arida.

Va bene per il pollo e patate pronto in cinque minuti, non per la fotografia.

Prendi il pollo dal freezer, apri la busta, e la pentola fa tutto.

Dopo cinque minuti assaggi ed è tutto buonissimo.

ma uguale ai quattro salti in padella che farebbe chiunque, non è cucinare.

Non è fotografare.

Perchè la fotografia non esce dalla macchina fotografica, come un buon cibo non esce da solo dalla padella.

La fotografia deve uscire dalla tua pancia, e deve raccontare tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, e tutte le storie che hai da raccontare.

Quindi una foto, per me, non è una mera visualizzazione della realtà ma la trasposizione di di quello che il fotografo sente, è una conseguenza del suo vissuto.

Ed è per questo che bisogna fotografare continuamente, perchè solo attraverso la pratica continua si può trovare distillare tutto quello che abbiamo fatto nostro, in un linguaggio personale.

Un'immagine prima ancora che dal soggetto deve nascere nella testa del fotografo:

Io la foto la immagino, ancor prima di mettere il dito sul tasto.

E' un'operazione continua, dalla composizione dell’inquadratura fino a quello che sarà il risultato finale, sulla carta o sullo schermo, la fotografia per me continua a prendere forma, fino a raccontare esattamente ciò che voglio raccontare quando la vedo per la prima volta.

Io non sono limitato dal mezzo, e ho dalla mia la post produzione per dare sfogo alla mia libertà di espressione.

La pre-visualizzazione deve essere considerata più esattamente come un atteggiamento verso la fotografia: cosa voglio raccontare?

Nel momento in cui lo so, mi bastano uno, due scatti, per ottenere il risultato voluto, per raccontare la mia storia.

Però, non bisogna pensare che tutto possa essere demandato alla potenza di un processore o filtri pre impostati...L’assoluta facilità con cui possiamo produrre una immagine banale porta spesso ad una totale mancanza di creatività in chi scatta.

A mio avviso bisogna tener presente che una fotografia può contenere soltanto quello che ci abbiamo messo dentro, quindi se faccio una raffica di scatti e, grazie all'autofocus e tutta l'elettronica di una macchina fotografica, ottengo uno scatto tecnicamente perfetto, magari quello scatto non racconta nulla, ed è arido e sapido come il famoso pollo di cui sopra.

Quindi, prendiamoci il nostro tempo, avviciniamoci, al soggetto, cerchiamo di capire cosa stiamo raccontando, e soprattutto perchè.

Perchè come diceva Ansel Adams:

“non c’è niente di peggio di un’immagine nitida di un concetto sfuocato”


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